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Il senso del blues

10/07/2016

Doug MacCleod ad Ameno: una domenica pomeriggio indimenticabile

10 luglio 2016

chiesa di Sant'Antonio a Vacciago di Ameno

Cominciamo col dire che il blues è roba speciale. Io personalmente (e colpevolmente) l'ho spesso sottovalutato. Mi è sempre sembrato una musica che colpisse più la "pancia" che il "cervello". Il mitico Giancarlo Schinina, che il blues lo ha suonato per una vita, mi aveva detto una volta, con non sottile understatement: "Cosa vuoi che sia il blues, ci vogliono solo 3 accordi e un cuore così." E con le mani indicava una misura (di cuore!) sicuramente non contenibile nella cassa toracica dell'essere umano.
Poi il 10 luglio 2016, intorno alle 16, nella chiesa di Vacciago di Ameno, un grande maestro, il magico Doug MacLeod mi ha fatto scoprire che al blues nulla di ciò che è umano è estraneo. Anzi che quella musica è perfino "troppo" umana. Niente di trascendente, niente di divino o di demoniaco, solo lo specchio della Vita, sentimenti, pulsioni, pensieri, dolori, gioie, ambizioni e delusioni, riproposti su 3 accordi. Che non ti colpiscono solo la "pancia" o il "cervello", ma che suonati da uno come MacLeod sono colpi sotto la cintura che lasciano senza fiato. La sua classicissima National resofonica è un'arma d'assalto, così facile da amplificare (solo un piccolo taglio di -10db tra i 700 e gli 800 Hz come da buona norma). Il microfono, un 58 da battaglia, lo usa con una sapienza e una professionalità rara, che solo una lunga esperienza e una grande competenza musicale possono dare.
E poi, signore e signori: storie! Altro che canzonette, storie vere, vita vissuta e raccontata con una dignità, una sincerità ed una semplicità che solo una persona sensibile e speciale come un grande bluesman può trasmettere. Sì, forse è questa l'essenza del blues: la narrazione. Ho capito che la dimensione vera del blues è dal vivo e che le registrazioni non te la possono mai restituire completamente. Ci ho messo tanti anni ma forse adesso sono riuscito a capire qualcosa di questa musica: semplice e complessa come ogni vita. Storie dove gli eroi non sono blindati nelle loro corazze su cavalli impennacchiati e lanciati al galoppo, ma semplici uomini. Che non devono lottare contro i draghi, ma contro le difficoltà quotidiana dell'esistere.
Dopo una serie di pezzi uno più affascinante e coinvolgente dell'altro, un brano finale di quasi un quarto d'ora per raccontare un viaggio di "hobos", quegli incredibili personaggi che attraversavano gli U.S.A. sui treni merci, alla ricerca di lavoro, fortuna o chissà che. La National ha ricamato i suoni di quel viaggio: le ruote, gli scambi, i passaggi a livello, i fischi dei treni. E Doug su di un basso ritmato, ostinato, infinito, ci ha regalato una storia che anche chi non sapeva una parola d'Inglese ha compreso benissimo in tutta la sua drammaticità e bellezza. Tutti i piedi nella bella chiesa segnavano il tempo: tutto un agitarsi di infradito, sandali, mocassini, stivali, anti-infortunistiche, fino all'accordo finale che ha fatto scattare un applauso interminabile e assolutamente meritato.
Poi, dopo un bis, il Signor Doug MacLeod, con il suo eterno stuzzicadenti in un angolo della bocca, ci ha svelato nientemeno che il vero segreto dei grandi bluesmen, forse il vero segreto per una vita bella e piena. Cito a memoria: "… alla mattina, quando vi svegliate, preparatevi una buona dose di senso dell'umorismo per la giornata, vivrete più a lungo e, cosa non trascurabile, amerete molto più a lungo!" Ottimo consiglio.


 





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